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30 ottobre 2025

AI Readiness in Italia: il paradosso tra adozione rapida e preparazione strategica

Il 46% dei professionisti usa l'intelligenza artificiale, ma solo il 6% delle aziende è davvero AI-driven. I dati che spiegano il divario tra utilizzo e maturità strategica

L’intelligenza artificiale sta vivendo un paradosso nel tessuto produttivo italiano: mentre l’adozione degli strumenti AI è cresciuta in modo esplosivo, passando dal 12% al 46% in un solo anno secondo l’EY Italy AI Barometer 2025, la vera preparazione strategica delle aziende racconta una storia molto diversa. Solo il 6% delle imprese italiane può definirsi “AI-driven”, capace cioè di integrare l’intelligenza artificiale in modo profondo e strategico nei propri processi.

Questo divario tra utilizzo e maturità non è solo una questione semantica, ma rappresenta la differenza fondamentale tra sperimentare con strumenti AI e costruire un vantaggio competitivo duraturo. Tre ricerche pubblicate nel 2025 - il Cisco AI Readiness Index globale, lo studio AI Leadership Readiness di altermAInd specifico per l’Italia, e l’EY Italy AI Barometer - offrono angolature complementari per comprendere dove si trova realmente il sistema produttivo italiano nel percorso verso la maturità AI.

Il quadro globale: solo il 13% è strategicamente pronto

Il Cisco AI Readiness Index 2025, basato sull’analisi di ottomila leader aziendali e IT a livello mondiale, stabilisce che solo il 13% delle organizzazioni globali è pienamente pronto per l’adozione e l’integrazione strategica dell’AI. Queste aziende, definite “Pacesetters”, hanno una probabilità quattro volte maggiore di portare i progetti AI dalla fase pilota alla produzione e vedono un valore misurabile con il 50% di probabilità in più rispetto alle altre organizzazioni.

Il report Cisco valuta la prontezza basandosi su sei pilastri fondamentali che distinguono chi sperimenta da chi scala con successo:

  • strategia formalizzata
  • infrastruttura adattabile
  • qualità dei dati
  • governance trasparente
  • talento interno
  • cultura aziendale orientata all’innovazione

La vera differenza non sta nell’investimento iniziale, ma nella capacità di orchestrare questi sei elementi in modo coerente e misurabile.

Il debito infrastrutturale dell’AI: un ostacolo invisibile

Il concetto più innovativo introdotto dal report è quello di “debito infrastrutturale AI”: il crescente divario tra l’ambizione delle aziende di implementare intelligenza artificiale e la reale preparazione delle loro infrastrutture tecnologiche. Questo debito, a differenza di quello finanziario, non appare nei bilanci ma si manifesta con un progressivo rallentamento dell’innovazione e costi operativi crescenti.

I dati evidenziano la portata del problema: il 62% delle aziende prevede un aumento dei carichi di lavoro AI superiore al 30% nei prossimi tre anni, ma solo una su quattro dispone di capacità di calcolo adeguate. Ancora più critico, circa il 30% delle organizzazioni ha sistemi di sicurezza in grado di gestire e controllare agenti AI autonomi, la prossima frontiera tecnologica che l’83% delle aziende prevede di adottare entro un anno.


Italia: il divario tra uso pratico e maturità strategica

Il contesto italiano presenta caratteristiche specifiche che rendono il percorso verso la maturità AI ancora più complesso. La ricerca AI Leadership Readiness 2025 di altermAInd, condotta su 231 professionisti di PMI e grandi aziende italiane, offre uno spaccato particolarmente severo: solo il 6% delle aziende italiane è considerato “AI-driven”, mentre il 42% delle imprese si colloca ancora in una fascia “tradizionale” senza una chiara strategia di implementazione.

Questo dato non contraddice il 46% di professionisti che secondo EY usano AI sul lavoro, ma ne rivela la natura: l’utilizzo è prevalentemente legato alla produttività individuale piuttosto che a trasformazioni strategiche dei processi aziendali. Le applicazioni più comuni sono infatti la scrittura di testi (60% degli utenti) e l’uso di chatbot e assistenti vocali (47%), strumenti che richiedono investimenti minimi ma generano impatti limitati sulla competitività strutturale.

Il divario dimensionale: grandi aziende vs PMI

Uno degli aspetti più critici emersi dalla ricerca altermAInd è il divario netto tra grandi aziende e piccole-medie imprese. Le grandi organizzazioni italiane raggiungono un punteggio di maturità AI di 47 su 100, mentre le PMI si fermano a 34 su 100. Questa differenza di tredici punti non è marginale: rappresenta la distanza tra chi può permettersi team dedicati, infrastrutture scalabili e percorsi formativi strutturati, e chi deve bilanciare l’innovazione con risorse limitate e competenze da costruire internamente.

Le barriere principali identificate sono chiare e trasversali: la mancanza di competenze interne è segnalata dal 53% degli intervistati, seguita dalla scarsa chiarezza sui casi d’uso concreti (42%). Non è un problema di disponibilità tecnologica, ma di capacità di tradurre il potenziale dell’AI in applicazioni che generino valore misurabile per il business specifico.


Le tre velocità dell’AI in Italia: adozione, utilizzo, maturità

Per comprendere il panorama italiano occorre distinguere tre livelli di coinvolgimento con l’intelligenza artificiale, ciascuno misurato da ricerche diverse con risultati apparentemente contrastanti ma in realtà complementari.

Prima velocità - Adozione tecnologica: Secondo uno studio citato da Italia Oggi, il 71% delle aziende italiane ha adottato almeno una tecnologia AI. Questo dato misura la presenza formale di strumenti AI nell’organizzazione, senza valutarne l’impatto o l’integrazione strategica.

Seconda velocità - Utilizzo pratico: L’EY Italy AI Barometer documenta che il 46% dei professionisti usa AI nel lavoro quotidiano. La crescita dal 12% dell’anno precedente è trainata principalmente dal top management: il 59% dei manager ha aumentato l’uso dell’AI, contro il 39% dei dipendenti. L’utilizzo è prevalentemente tattico, focalizzato su efficienza individuale piuttosto che su trasformazione dei processi.

Terza velocità - Maturità strategica: Solo il 6% delle aziende secondo altermAInd ha raggiunto uno status “AI-driven”, con integrazione profonda dell’intelligenza artificiale nella strategia, nei processi e nella cultura aziendale. Questo è il gruppo che ottiene vantaggi competitivi duraturi e ROI significativi dagli investimenti AI.


Come passare dalla sperimentazione alla maturità strategica

I dati convergono su un punto cruciale: la differenza tra chi beneficia dell’AI e chi la subisce non sta nella quantità di strumenti adottati, ma nella capacità di orchestrare strategia, infrastruttura, dati, governance, talento e cultura in un sistema coerente e misurabile.

Le aziende italiane che vogliono evolvere dalla prima velocità (adozione) alla terza (maturità) devono affrontare priorità specifiche:

Infrastruttura scalabile: Investire in architetture che crescono con le esigenze AI, evitando il debito infrastrutturale che blocca l’innovazione futura.

Data quality: L’AI è efficace quanto i dati su cui viene addestrata. La governance dei dati non è un vincolo normativo ma il fondamento del valore AI.

Casi d’uso value-driven: Partire da problemi di business reali con ROI misurabile, non da trend tecnologici. L’AI deve risolvere problemi specifici, non essere implementata “perché lo fanno tutti”.

Misurazione sistematica: Solo il 32% delle aziende globali misura sistematicamente l’impatto dei progetti AI. Senza metriche chiare, è impossibile distinguere il successo dal rumore.


Dalla velocità tattica alla profondità strategica

Il paradosso italiano dell’intelligenza artificiale - alta adozione, bassa maturità - non è una condanna ma un’opportunità di correzione di rotta. Le aziende che riconoscono la differenza tra usare strumenti AI e costruire capacità AI-driven hanno davanti un percorso chiaro, tracciato dalle best practice dei Pacesetters globali e supportato da un ecosistema italiano di ricerca e innovazione in crescita.

Per le organizzazioni che vogliono passare dalla sperimentazione tattica alla trasformazione strategica basata su intelligenza artificiale, esistono soluzioni progettate per il contesto italiano che garantiscono sovranità dei dati, conformità all’AI Act e risultati misurabili fin dalle prime implementazioni.

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Fonti

Ricerche Internazionali:

  • Cisco (2025). “AI Readiness Index 2025 - Realizing the Value of AI”: cisco.com
  • CXM World (2025). “Cisco’s AI Readiness Index 2025 Reports: Mind the Gap”: cxm.world

Ricerche Focus Italia:

  • altermAInd (2025). “AI Leadership Readiness 2025”: ricerca su 231 professionisti di aziende italiane - innovation-nation.it
  • EY Italy (2025). “AI Barometer 2025”: analisi adozione AI in Italia - firstonline.info
  • Osservatorio Artificial Intelligence - Politecnico di Milano (2025). “AI Adoption and Compliance in Italian Organizations”

Normativa e Istituzioni:

  • Commissione Europea (2024). “AI Act - Regolamento Europeo sull’Intelligenza Artificiale”: europa.eu
  • Italia Oggi (2024). “Adozione tecnologie AI nelle aziende italiane”: reviewofailaw.com
Carolina Magrini

Carolina Magrini

Marketing Specialist senior. Specialista in Marketing analitico strategico omnicanale - Business data analysis | Prompt engineer.

Aidia

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