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5 novembre 2025

IA e ROI: 5 priorità strategiche per le aziende EMEA

Lo studio IBM rivela come trasformare i benefici tattici dell'intelligenza artificiale in valore strategico e ROI misurabile

Le organizzazioni di Europa, Medio Oriente e Africa si trovano oggi a un punto critico nel loro percorso di adozione dell’intelligenza artificiale. Un nuovo studio di IBM rivela che il 66% delle aziende della regione EMEA ha già ottenuto significativi miglioramenti della produttività grazie all’IA, eppure solo il 20% ha raggiunto effettivamente i propri obiettivi di ritorno sull’investimento (ROI). Questa discrepanza evidenzia una sfida fondamentale: come trasformare i benefici tattici dell’IA in valore strategico e duraturo? La risposta risiede in cinque priorità strategiche che le organizzazioni devono implementare per accelerare il loro percorso verso un ROI concreto e misurabile.


Il contesto attuale: opportunità e sfide

Lo studio “The Race for ROI” di IBM, condotto in collaborazione con Censuswide nel settembre 2025, ha coinvolto oltre 3.500 leader aziendali, includendo 200 senior leader italiani. I dati emersi dipingono un quadro di un mercato in trasformazione, dove l’IA non è più una semplice promessa tecnologica, ma un elemento operativo integrato nelle strategie delle organizzazioni più avanzate. In Italia specificamente, il 56% delle organizzazioni intervistate ha dichiarato miglioramenti significativi della produttività grazie all’IA, mentre il 13% riporta che i benefici dell’IA hanno influito sulla trasformazione del proprio modello di business. Questi dati sono incoraggianti, ma rappresentano anche un’opportunità ancora non completamente sfruttata. Gli impatti più evidenti dell’IA si concentrano in settori specifici: la logistica registra il tasso più elevato di incremento dell’efficienza operativa (75%), seguiti da automotive e trasporti (67%), manifatturiero (60%) ed energia e servizi pubblici (60%). Tra gli impatti più citati dell’IA vi sono il risparmio di tempo (45%), la riduzione dei costi (41%), la soddisfazione dei dipendenti (42%), l’aumento dei ricavi (37%) e il miglioramento del Net Promoter Score (43%). Questi benefici dimostrano che l’IA non è uno strumento monodimensionale, ma crea valore attraverso molteplici canali operativi e strategici. Tuttavia, come emerge dal report di IBM, persistono disuguaglianze significative nella capacità di realizzare valore dall’IA. Il 72% delle grandi imprese ha dichiarato un aumento della produttività, mentre solo il 55% delle PMI e il 55% delle organizzazioni pubbliche riportano lo stesso risultato. Questo divario di 17 punti percentuali tra le grandi aziende e le PMI rivela una situazione critica: le piccole e medie imprese, che costituiscono la spina dorsale dell’economia europea e italiana, rimangono indietro nella corsa al ROI dell’IA.


La visione futura: agenti di IA

Un dato particolarmente significativo riguarda le prospettive future dell’IA: il 92% dei leader prevede un ROI misurabile entro due anni dall’adozione di IA agentica. Gli agenti di intelligenza artificiale – sistemi autonomi capaci di prendere decisioni e intraprendere azioni in base a obiettivi definiti – rappresentano il prossimo livello di evoluzione rispetto ai chatbot e agli strumenti di IA generativa attuali. Questa previsione così ottimistica (92% contro il 20% che ha già raggiunto il ROI oggi) suggerisce che i leader vedono negli agenti un salto qualitativo significativo in termini di impatto e valore generabile. Gli agenti potrebbero, ad esempio, gestire autonomamente processi complessi come la negoziazione fornitori, l’ottimizzazione della supply chain, o la gestione avanzata dei dati, con un coinvolgimento umano minimale.


Le cinque priorità

Il report IBM delinea cinque priorità per accelerare il ROI dell’Intelligenza Artificiale:

  • stabilire un modello operativo efficace per l’IA;
  • coltivare l’alfabetizzazione dell’IA e una cultura dell’innovazione, dal consiglio di amministrazione a tutti i livelli;
  • prendere confidenza con l’incertezza e i rapidi cambiamenti;
  • comprendere i rischi legati all’implementazione dell’IA;
  • istituire un “AI Board” interaziendale per mitigare il rischio.

1. Visione integrata dell’IA

Il primo elemento critico su cui costruire il successo dell’IA è l’istituzione di un modello operativo solido e universalmente compreso per l’intera organizzazione. Questo non significa semplicemente avere una soluzione di IA; significa creare un approccio comune alla trasformazione che coinvolga tutte le funzioni aziendali con una chiara definizione di proprietà e responsabilità. È necessaria una transizione da iniziative isolate a una strategia coerente e condivisa: troppe organizzazioni vedono l’IA come un’appendice tecnologica gestita da un singolo team, piuttosto che come una trasformazione che deve permeare l’intera struttura aziendale. Creare questa visione integrata richiede innanzitutto una governance condivisa: IT, dati, conformità, legale, operazioni e diverse business unit devono sedere allo stesso tavolo fin dall’inizio. Non si tratta di comitati burocratici, ma di coalizioni operative che prendono decisioni rapide su chi autorizza i progetti, come vengono finanziati, e come si allineano gli obiettivi di ciascun dipartimento agli obiettivi comuni di IA. La ricerca evidenzia che circa il 70% dei fallimenti nell’implementazione dell’IA riguarda le persone e i processi organizzativi, non la tecnologia in sé. Questo dato è rivelatore: significa che avere l’algoritmo più sofisticato del mondo non serve a nulla se l’organizzazione non sa come accoglierlo, gestirlo, e farlo evolvere. Le aziende che riescono a creare questa visione condivisa riescono a tradurre i benefici tattici in valore strategico duraturo.


2. Alfabetizzazione diffusa e cultura dell’innovazione

Se l’IA sarà ubiqua nel lavoro dei prossimi anni, non può rimanere appannaggio di una nicchia di esperti. Questo secondo elemento strategico riguarda la democratizzazione della conoscenza: dalla C-suite fino ai dipendenti operativi, tutti devono sviluppare una comprensione autentica di come l’IA funziona e, più importante ancora, come può trasformare il loro lavoro quotidiano. Questo non significa trasformare tutti in data scientist. Significa creare programmi di formazione strutturati a diversi livelli: sessioni strategiche per i leader che devono prendere decisioni su investimenti in IA; training pratico per i team che utilizzeranno quotidianamente gli strumenti; sessioni di sensibilizzazione generale per il resto dell’organizzazione. L’obiettivo è creare una cultura dove la curiosità verso l’IA sia incoraggiata, non temuta. Cruciale è anche gestire attivamente le narrative e le percezioni. Quando si comunica un progetto di IA, il messaggio conta più della tecnologia stessa. Comunicare che l’IA libera tempo per lavori più significativi, non che sostituisce i dipendenti, cambia radicalmente il tasso di adozione. Le organizzazioni che gestiscono questa comunicazione in modo empatico e trasparente sperimentano un adoption rate significativamente superiore.


3. Capacità di navigare l’incertezza e il cambiamento rapido

Nel prossimo decennio, l’incertezza non sarà un’eccezione temporanea ma la norma strutturale. L’IA evolverà rapidamente, nuovi strumenti emergeranno continuamente, i regolamenti cambieranno, e i competitor proveranno approcci sempre diversi. Questo terzo elemento strategico richiede di ripensare la cultura organizzativa in modo profondo. Le organizzazioni devono sviluppare “una cultura che abbracci il cambiamento e l’incertezza e favorisca un’innovazione rapida e mirata”. Questo è un cambio culturale profondo rispetto ai modelli tradizionali di business che cercano di minimizzare l’incertezza attraverso una pianificazione rigida.


4. Gestione consapevole e proattiva dei rischi

Il quarto elemento strategico trasforma la gestione dei rischi da un costo burocratico a un vantaggio competitivo. Troppo spesso, le organizzazioni vedono il risk management come un freno all’innovazione. In realtà, quando fatto bene, è esattamente il contrario. Implementare l’IA senza una comprensione rigorosa dei rischi associatinormativi, reputazionali, operativi, etici – è come guidare di notte senza fari. Significa che prima o poi si avrà un incidente, e quando accadrà, sarà costoso e pubblico. Le organizzazioni che invece comprendono e gestiscono proattivamente questi rischi costruiscono fiducia interna ed esterna, attraggono talenti migliori, e soddisfano meglio i requisiti normativi emergenti. Questo significa stabilire processi rigorosi di audit sui sistemi di IA, tracciabilità delle decisioni automatizzate, coinvolgimento attivo di funzioni di compliance e etica nelle valutazioni dei progetti, e monitoraggio continuo di performance e comportamenti dei modelli. Non è una cosa che si fa una volta per poi dimenticare; è un’attività permanente di vigilanza.


5. Creare un organo di governance ibrida

Il quinto elemento emerge da un riconoscimento semplice ma importante: le decisioni su quali progetti di IA portare avanti non possono essere prese solo da tecnici, e nemmeno solo da executives. Richiedono una prospettiva multidisciplinare che consideri simultaneamente fattibilità tecnica, impatto di business, implicazioni etiche, conformità normativa, e sostenibilità organizzativa. Per questo motivo, le organizzazioni dovrebbero istituire un organo di governance – come lo chiama IBM un “AI Board” – che riunisca rappresentanti di business, tecnologia, compliance, etica, e leadership. Il ruolo di questa struttura non è burocrazia lenta; al contrario, dovrebbe essere agevolare l’innovazione veloce all’interno di confini chiari. Come dovrebbe funzionare in pratica? Le business unit identificano casi d’uso di IA e li portano al Board per valutazione rapida. Il Board esamina: è tecnicamente fattibile? Crea valore di business? Rispetta i nostri principi etici? È conforme alle normative? Se passa tutte queste verifiche, riceve il via libera e procede rapidamente. Questo approccio permette alle organizzazioni di muoversi velocemente senza perdere il controllo. Combinato con il secondo pilastro (elevare la consapevolezza su IA diffusamente in organizzazione), questo modello di governance ibrida dà alle singole business unit e ai team operativi un elevato livello di autonomia per agire in sicurezza, sapendo che c’è un framework etico e operativo solido a supportarli.


Le barriere critiche alla scalabilità dell’IA

Le due barriere principali alla scalabilità sono timori legittimi su sicurezza, privacy ed etica (66% dei leader), e la complessità tecnica dell’integrazione con sistemi legacy (65% dei leader). Molte organizzazioni europee hanno infrastrutture costruite nel corso di decenni: integrare IA richiede competenze specializzate, progetti complessi, e rischi di disruption operativa. Questi ostacoli non sono insuperabili, ma richiedono un approccio metodico che affronti simultaneamente rischi e complessità tecnica, con governance chiara e comunicazione trasparente.


Opportunità nell’incertezza

Il percorso verso il ROI dell’intelligenza artificiale non è né lineare né veloce. Tuttavia, le organizzazioni che implementeranno le cinque priorità strategiche qui delineate – integrazione organizzativa, alfabetizzazione diffusa, capacità di navigare l’incertezza, gestione consapevole dei rischi, e governance ibrida – saranno in posizione privilegiata per capitalizzare il valore della tecnologia. Nel contesto italiano, dove il 56% delle organizzazioni ha già visto benefici dall’IA ma solo il 13% ha trasformato il proprio modello di business, c’è ancora una finestra di opportunità per diventare i primi innovatori di questi approcci metodici. Sebbene le PMI siano in una fase precedente nel loro percorso di adozione, rappresentano il segmento con il maggior potenziale di crescita: adottando queste priorità strategiche possono accelerare significativamente il loro percorso verso un ROI concreto e sostenibile.


Fonti:

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Marta Magnini

Marta Magnini

Digital Marketing & Communication Assistant in Aidia, laureata in Scienze della Comunicazione e appassionata delle arti performative.

Aidia

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